Perchè i sistemi politici attuali sono da cambiare

  Quando una società si impone della regole coercitive di convivenza diventa una ‘polis’ cioè un sistema politico o
‘stato’ basato sulle ‘leggi’. Lo Stato, inteso come insieme di regole e di autorità per convivere senza recarsi danno reciprocamente, è un fatto necessario, almeno finchè l’umanità non sarà in grado di realizzare una anarchia organizzata che sia profeti sia pensatori hanno vagheggiato e che ciascuno di noi intimamente intuisce e desidera.

  Il limite dello stato obbligatorio deve essere proprio questo: non dare e quindi chiedere più dello stretto necessario per raggiungere tale scopo.
  Con la parziale eccezione degli Stati Uniti d’America e della Svizzera, i sistemi politici oggi vigenti (democrazie parlamentari con suffragio universale) non sono più in grado di adempiere a questo loro compito transitorio e neppure di soddisfare le attuali esigenze dell’umanità, per una serie di difetti congeniti e di sopravvenute degenerazioni.
  In sostanza la maggior parte di questi sistemi politici danno una sicurezza socio-economica soltanto apparente, producono una legislazione soffocante, prelevano ai cittadini più di quanto diano in servizi e la differenza la elargiscono in primo luogo a se stessi e quindi a singoli e gruppi di cittadini in misura molto diversa, non in base alla necessità o al merito ma all’opportunismo sia di chi dà sia di chi riceve.
  Qui non si vuole dire che il sistema parlamentare maggioritario sia sbagliato in assoluto, poiché negli ultimi 200 anni è servito e serve non poco al miglioramento dell’umanità, come lo stesso sistema comunista in certi paesi. Qui si afferma che è sbagliato continuare ad utilizzarlo nelle nazioni più evolute, proprio perché i loro cittadini hanno raggiunto superiori livelli di conoscenza e capacità.

SOMMARIO DI QUESTA PAGINA

In sintesi i 6 difetti strutturali congeniti delle democrazie parlamentari
  La formula stessa della ‘democrazia’ contiene degli elementi che la rendono oggi inaccettabile, come chiunque può ben capire semplicemente scorrendo l’elenco sottostante (meglio spiegato, per alcuni punti, nel prosieguo della pagina):
- il difetto fondamentale è la legge della maggioranza, per cui il 50+1 dei cittadini può realizzare i suoi progetti a spese anche degli altri 49;
- un modello socio-economico di cittadino unitario e totalizzante, che non riesce più a tener conto della prorompente diffusa emersione delle diverse personalità e aspettative dei cittadini;
- la presenza di partiti ‘ideologici’ che propongono modelli sociali contrapposti, creando crescente dissonanza nella popolazione e paralisi legislativa;
- assenza di limiti precisi alla tassazione e alla gestione dei soldi dei cittadini (oggi nelle mani di un grande stato europeo arriva direttamente o indirettamente il 75% di quanto ricava dal suo lavoro il cittadino medio);
- assenza di limiti e sanzioni ai politici che creano debito pubblico per spese correnti, fatto assolutamente inammissibile perché condiziona i politici e i cittadini delle legislature successive;
- i politici si stabiliscono i compensi da soli, senza nessun parametro oggettivo o riferimento alla situazione del paese.

In sintesi le 4 degenerazioni delle democrazie parlamentari
  In 200 anni le democrazie parlamentari si sono molto deteriorate, permettendo altresì che al loro interno acquisissero potere politico delle componenti sociali ed economiche che non ne hanno diritto. Come spieghiamo meglio più avanti, la maggior parte dei governi:
- hanno tradito e snaturato il concetto di bene comune, da un lato gonfiandolo con diritti nominali e dall’altro non realizzandoli, privilegiando il superfluo dei loro elettori invece del necessario per tutti;
- hanno creduto in un progresso senza fine illudendo generazioni di cittadini;
- hanno aumentato a dismisura i dipendenti pubblici, obbligando i cittadini a pagare più tasse per mantenerli inutilmente e, perdipiù, complicare la vita a tutti;
- sono formati da uomini deboli e spesso mediocri (portati più all’intrigo e al compromesso che alla chiarezza e alle decisioni) che si fanno facilmente condizionare dai partiti ‘anomali’: burocrazia, poteri forti, mezzi di informazione.

Dettagli sui 6 DIFETTI STRUTTURALI congeniti dei sistemi politici attuali

Il sistema di governo basato sulla maggioranza è sbagliato

  La ‘democrazia’ è sbagliata: ogni tanto se ne parla, ma oggi la cosa è troppo evidente. Come può il 49% delle popolazione accettare di pagare fior di tasse che in buona parte vanno beneficio del 51% che ha vinto le elezioni? La situazione non è ben percepita nelle democrazie giovani, ma dopo qualche decennio varie categorie e soprattutto parti di popolazione possono rendersi conto di essere determinanti nella conquista della maggioranza e quindi di poter imporre delle condizioni politiche di grande peso. Si pensi soltanto al Meridione d’Italia: nessun partito può arrivare al governo senza i suoi voti. Risultato: qualsiasi tentativo di eliminare l’ormai ingiustificato trasferimento di ingenti risorse dal Nord al Sud è, federalismo compreso, miseramente fallito. Si salvano soltanto gli Stati che hanno dei precisi vincoli nella loro costituzione, come il principio di sussidiarietà, limiti massimi nella tassazione, prestazione di servizi e trasferimento di risorse agli enti locali.
  Negli altri casi la soluzione è una sola: adottare un sistema politico in cui, come nel Sistema di Base, si dà a tutti una uguale dotazione di risorse durevoli, mentre tutto il resto viene liberamente contrattato tra le parti alla luce del sole e non nel segreto delle urne.

Un modello unico di vita deciso dai governi democratici non ha più senso

  La coesione di una nazione dipende molto dalla unicità del modello di vita che è seguito dai suoi abitanti. E tanto più lo stato chiede tasse, tanto più tale modello deve essere condiviso da tutti. Questa è la legge della ‘consonanza’. In caso di ‘dissonanza’ è evidente che molta gente si chiederà perché deve pagare tante tasse a uno Stato in cui non si riconosce.
  Il punto è che nei parlamenti attuali vi sono troppi politici che non hanno né la capacità né il tempo di occuparsi di tutti gli aspetti dell’esistenza dei loro cittadini, anche perché, nel campo morale, non hanno più l’aiuto della religione di Stato. Nel contempo, per acquisire voti al proprio partito i politici autorizzano sempre più spesso comportamenti devianti a singoli gruppi di cittadini.
 Di conseguenza i modelli di vita nazionale nell’Occidente stanno diventando sempre più informi e confusi e sempre meno sentiti dai cittadini specialmente quelli politicamente 'in minoranza' che si vedono sottrarre, a beneficio di quelli 'di maggioranza', gran parte delle proprie risorse con cui vorrebbero invece realizzare i propri modelli di vita.
  Se i Soloni che inveiscono ogni giorno contro gli evasori fiscali si domandassero se per caso buon parte di questi lo sono non per profitto ma per ‘dissonanza’, forse anch’essi si renderebbero conto che per primo è il sistema a non fare il suo dovere.
  La soluzione è lo sdoppiamento del sistema politico: alla base una gestione asettica e apartitica delle risorse e delle attività primarie uguale per tutti; al di sopra comunità di varie dimensioni ognuna con un proprio modello di vita liberamente e totalmente accettato in piena consonanza da chiunque lo voglia. Un esempio di coesistenza di modelli socio-ecnomici diversi è, per quanto parziale, il sistema cooperativistico molto diffuso in Europa e in particolare in Italia: l’unico suo difetto è che la legislazione statale che lo riguarda non è fatta da chi vi aderisce ma da politici di altra cultura, che ovviamente ne limitano lo sviluppo.

I partiti ideologici

  In una società viva e vitale ci devono essere dei movimenti di opinione, chiamati partiti, che si candidano a governare lo Stato. I partiti sono un fatto positivo perché stimolano la ricerca di nuovi obiettivi per la comunità e forniscono gli uomini tecnicamente preparati per raggiungerli in concreto.
  Come tutti i gruppi umani anche i partiti sono soggetti a deteriorasi, alle ruberie, ai personalismi, ma ci pensano gli elettori a castigarli. Queste degenerazioni quindi non sono un problema sistemico ma contingente.
  Il vero problema è che i principali partiti attuali sono ideologizzati, vale a dire che alla base della loro attività c’è un particolar visione del mondo e non, come dovrebbe essere, la valutazione a se stante di ogni singolo problema. Ne deriva che, spesso, un governo appena eletto per prima cosa cancelli alcune leggi prodotte da quello precendente. Per questo i sistemi attuali non sono più accettabili: il progresso politico basato sulle ideologie procede per tesi e antitesi e quindi è per natura conflittuale e distruttivo (soltanto quello che si basa sulla persona e sulla sua ‘evoluzione’ intrinseca è progressivo e quindi costruttivo).
  Come le carenze nel modello di vita nazionale sopra menzionato, anche la conflittualità ideologica distrugge la società in quanto aumenta fortemente la ‘dissonanza’ nella popolazione.
  Il problema non si risolve eliminando questi partiti, ma, al contrario, dando a ciascuno di essi la possibilità di realizzare il proprio progetto socio-economico con interezza con la partecipazione soltanto dei propri aderenti. Ciò è possibile soltanto nel Sistema di Base, come si è indicato parlando del modello di vita.

Dettagli sulle 4 DEGENERAZIONI delle democrazie parlamentari

  I politici attuali hanno tradito e snaturato il concetto di bene comune

  Il bene comune, vale a dire il bene globale della nazione, è un vecchio concetto di origine tribale che qualche politologo si porta ancora appresso per giustificare un forte intervento dello Stato in economia e nella società e per rinforzare il senso di appartenenza dei cittadini. Il bene comune andava bene quando la società era monolitica, la povertà dei cittadini era una condizione di vita naturale e la loro personalità ancora latente, i ruoli economici- politici erano rigidamente predeterminati, i rischi di sopravvivenza dello stesso stato erano molto alti. In tali condizioni è chiaro che l’unica ancora di salvezza era una Nazione, cioè uno Stato forte per il quale si era disposti anche a dare la vita, certi che per se stessi e per la famiglia un posticino ci sarebbe sempre stato.
  Superate nei decenni queste condizioni primordiali ha preso il via, nel secondo dopoguerra, un forte progresso economico, il cittadino ha cominciato a chiedersi se il suo apporto al bene comune avesse un qualche riflesso positivo anche nei suoi confronti. Si è reso invece conto che più le capacità di spesa dello stato crescevano più i politici le usavano solo a favore di svariate categorie di elettori, invece che, proporzionalmente, per tutto il corpo sociale (come ben aveva spiegato 2000 anni fa il romano Menenio Agrippa) e per la sua affermazione internazionale (come accaduto per l’impero romano che potè quindi permettersi ‘panem et circenses’ per tutti suoi cittadini).
  Sono gli stessi politici quindi che, per interessi di bottega, hanno trascurato il bene comune con risultati di questo tipo: dopo 50 anni in Italia ci sono ancora 15 milioni di cittadini con un reddito tra i 4000 e gli 8000 euro all’anno a fronte di una media nazionale di 23.500. Questo sarebbe per i politici ’bene comune’? E qualcuno si lamenta che gli italiani non hanno il senso del ‘bene comune’!
  E’ doveroso evidenziare che, alla fin fine, l’unico sistema politico che garantisce, se correttamente applicato, il bene comune è quello comunista, ma purtroppo è un bene veramente piccolo e con un prezzo troppo alto.

Diritti teorici

  Un sottoprodotto del bene comune sono i ‘diritti’: istruzione e salute senza limiti, la casa, un lavoro ben remunerato e via rivendicando nella cornice di un solidarismo obbligatorio e tollerante. Il problema è che il solidarismo non ha in realtà basi né logiche né pratiche (come spieghiamo nella seconda parte del libro).
  Diritti illogici e quindi fasulli per 3 motivi: perché valgono solo nello Stato che li proclama e non per tutti gli uomini; perché si traducono in altrettanti doveri per gli altri; perché, in ultima analisi, non ci sono le risorse sufficienti per soddisfarli (l’enorme debito pubblico degli stati europei deriva proprio dal soddisfacimento questi ‘diritti’).
  Senza contare la disgregazione sociale che provoca anche soltanto la richiesta di riconoscimento di diritti strani e inconsistenti come quelli pretesi dai movimenti Woke e Arcobaleno  (VEDI).

  Per converso i veri, unici due diritti fondamentali che il Sistema di Base propone (sopravvivenza e rispetto) non costano niente a nessuno e, guarda caso, sono quelli meno considerati dai politici moderni. In realtà i ‘diritti’ democratici sono stati in gran parte inventati o adottati dai politici semplicemente per prendere più voti.

L’illusione di un progresso senza fine

  La fede in un progresso veloce e soprattutto senza limiti ha invasato tutti gli opinionisti e i politici dell’epoca illuministica (1800 e 1900) che hanno la gravissima colpa di aver trascinato tutti i popoli europei prima alla devastazione del territorio, poi al suo inquinamento, quindi al consumismo e infine, ai giorni nostri, al fallimento di tantissimi imprenditori e famiglie che nessuno politico ha avvisato della incipiente saturazione dei mercati e quindi dell’arresto del progresso economico.
  Il Pil che deve sempre aumentare è una stupidaggine. Come lo è il progresso materiale senza fine: siamo arrivati a dover lavorare sempre otto ore al giorno per acquistare un sacco di beni superflui o addirittura dannosi, senza contare tutti gli inutili servizi e adempimenti che lo stato crea in continuazione per contrastare il naturale calo degli occupati.
   L'aspetto grottesco del miraggio del benessere materiale senza limiti emerge dal fatto che le ultime generazioni di cittadini nate e cresciute in questa cultura pretendono non soltanto di dover avere tutto dalla vita ma anche di averlo senza faticare (come invece è stato e sempre sarà nella storia terrena dell'umanità).
  Sarebbe ora di rendersi conto che l’io’ non è solo corpo ma anche anima e spirito che hanno bisogno di beni non materiali: come mai il 20% della popolazione oggi assume psicofarmaci?

  Nei paesi occidentali si possono fare, a Pil costante, grandissimi progressi nell’arricchimento interiore di se stessi sia con mezzi culturali sia con i rapporti interpersonali. Che manterrebbero adeguato il numero degli occupati e porterebbero anche a significative riduzioni dell’attuale spreco di energia.

I dipendenti pubblici

  La necessità di accontentare le proprie clientele, il desiderio di dare un posto di lavoro al maggior numero di persone e l’illusione che le risorse dello Stato crescessero sempre di più hanno portato a un aumento abnorme dei dipendenti pubblici, a tutti i livelli amministrativi, dai ministeri ai comuni. Il costo di questo apparato elefantiaco che spesso produce molto meno di quanto consuma (anche a causa di scarsa competenza e versatilità nonché di cattiva organizzazione) è un problema molto serio soprattutto perché tende a crescere nel tempo.
  Ma è lo stesso numero eccessivo dei dipendenti pubblici a creare un altro grande problema: per coloro che non hanno nulla da fare i politici e gli stessi burocrati hanno pensato bene di varare per i più svariati settori di attività della popolazione (dalle abitazioni alle produzioni agricole, dal commercio ai veicoli a motore) un gran numero di leggi e regolamenti palesemente superflui o inutilmente complicati che danno, sì, del lavoro ai funzionari pubblici ma danneggiano non poco i comuni cittadini facendo loro perdere tempo, denaro e, soprattutto, la pazienza.
  Queste follie evidenziano ancora di più che il cittadino non può continuare ad essere costretto nella camicia di forza dello stato totalizzante da cui si deve prendere tutto o niente.

Politici deboli e i partiti ombra

  La soglia del 51% nelle democrazie parlamentari è troppo bassa per costituire un governo realmente rappresentativo, ma è troppo alta per formare partiti politici forti (non per nulla quasi tutti gli Stati europei danno un premio di maggioranza al partito con più voti anche se lontano da tale soglia). La lotta pluriennale che un politico deve affrontare per entrare nelle liste elettorali è talmente lunga, stressante e, soprattutto, deprimente che sono molto pochi gli eletti che riescono a mantenere integra la chiarezza di idee e la forza morale: ci si trova quindi di fronte a maggioranze costituzionalmente insicure e soggette ad attacchi da parte di ‘partiti ombra’ che rappresentano gli interessi più diversi ma comunque quasi sempre in contrasto con il bene comune, se non altro sul piano delle priorità.
  A parte le regolari e benemerite organizzazioni di cittadini nei campi più disparati, i partiti ‘ombra’ sono: la burocrazia, i poteri forti, i mezzi di informazione.
La Burocrazia. Lavorando a stretto contatto con i politici, i dipendenti pubblici sono riusciti ad ottenere nel tempo diversi privilegi, tra cui, quasi in tutti i paesi, l’inamovibilità e l’insindacabilità. Per i politici questo privilegio si è trasformato in un tallone di Achille a causa del quale non riescono più a ridurre il numero dei burocrati o a farli lavorare nella giusta misura.
I Poteri forti. I Poteri forti (oltre ai grandi Stati economicamente e militarmente molto potenti) si possono definire i proprietari di attività economiche dalle seguenti caratteristiche: grandi aziende private; fornitori di servizi finanziari (banche, assicurazioni, finanziarie, fondi) con grandi disponibilità di capitali; imprese di distribuzione, trasporto e commercio senza confini e senza regole. Perché i politici, specialmente di sinistra, stringono sottobanco alleanze con i poteri forti? Perché hanno un senso di inferiorità rispetto ad essi e non possono fare a meno dei loro capitali e del loro potere condizionatorio. Da parte loro i Poteri forti puntano soltanto a mantenere e migliorare se stessi. Del popolo si interessano soltanto per ritoccare, di tanto in tanto, lo status quo e per allargare la loro base di consumatori.
Mezzi di informazione. Il cosiddetto ‘quarto potere’ (dopo quello legislativo, giudiziario ed esecutivo) in molti paesi è ancora molto influente sulla politica e in particolare sui singoli politici. In questi paesi infatti i politici stoltamente non hanno adeguato la legislazione sulla stampa alle novità tecnologiche e al progressivo decadimento tecnico e morale dei giornalisti, permettendo la pubblicazione con grande evidenza e in modo capzioso di apparenze di fatti capaci di distruggere in poco tempo qualsiasi personalità, senza che né i giornalisti né i (spesso interessati) proprietari dei giornali ne debbano rispondere in nessuna sede. E oggi i politici non possono rimediare proprio per paura che questo accada a loro. In definitiva, pensare di affidare a politici così condizionabili a favore di altri interessi la gestione di materie importanti come le risorse naturali e alimentari, la salute pubblica, l’istruzione di base, le vie di comunicazione, la legislazione giudiziaria è pura follia.

  In conclusione è ormai evidente che i sistemi politici attuali, almeno nei grandi Stati europei , non sono più in grado di garantire né la sicurezza economica di base (se mai l’hanno garantita, come abbiamo sottolineato nella sezione Livelli esistenziali) e neppure una ordinata e onesta convivenza umana.
  Come rimediare?
  I politici ci saranno sempre: l’importante è che facciano meno danni possibile. Ciò si può ottenere con il Sistema di Base che gestisce con tecnici le esigenze esistenziali dell’umanità, mentre lascia ai politici professionisti la possibilità di proporre programmi diversi per lo sviluppo di tutte le altre attività umane, programmi che saranno finanziati soltanto dai cittadini che ne beneficeranno.


Post Scriptum
  Per chiarezza sintetizziamo le caratteristiche dei due principali schieramenti politici oggi presenti nel mondo occidentale: quando in questo sito parliamo, incidentalmente, di partiti politici di destra o di sinistra il visitatore faccia riferimento a quanto descritto in questo Post Scriptum.

DESTRA e SINISTRA nella politica
  La Sinistra socialista vuole che lo stato si occupi di tutto; accetta le differenze di capacità e di consumi tra i cittadini, ma le compensa fortemente con l’obbligatorietà di un esteso solidarismo per mezzo di una forte tassazione; non ha un progetto sociale (anzi, con la tolleranza, permette la distruzione della società ‘storica’); non ha morale e non responsabilizza i cittadini; libertà economica limitata, tutti hanno diritto a tutto, nessuna selezione e competizione, servizi diffusi gestiti direttamente dagli enti pubblici senza concorrenza. E’ il classico sistema politico ‘entropico’, con leader di apparato, livellato sul piano di redditi costanti e stagnante sul piano umano.
  La Destra liberale vuole uno stato minimo; accetta le differenze tra i cittadini e le compensa in una misura minima con un solidarismo ‘patriottico’ quindi con basse tasse; punta sulla responsabilità e il miglioramento di ogni singolo cittadino, possibili se questi non riceve aiuti dagli altri, se non in minima parte; quindi si basa su tasse basse, grande libertà, competitività e meritocrazia, servizi essenziali anche privati ma di qualità in quanto concorrenziali e selettivi; difende la società storica prevalente non agevolando, anche se permettendo, le innovazioni. Tipica degli stati più dinamici, necessita di politici di grande personalità sia all’interno sia verso l’ esterno, altrimenti diventa preda delle lobby.
  Le definizioni dovrebbero essere quindi destra=personalisti, sinistra=statalisti, mentre una volta destra voleva dire autoritarismo e sinistra democrazia popolare: una dei soliti falsi storici in quanto nella storia i regimi classificati di sinistra sono stati di gran lunga più autoritari, antidemocratici e anche sanguinari di quelli di destra.